di Paolo Battaglia
Chi si occupi di pianificazione e controllo, sa che anche il piano strategico o finanziario più solido dovrà poi passare dalla sua implementazione.
E l’implementazione la fanno le persone.
E’ questo il lato più difficile per il management: alle persone coinvolte bisognerà chiedere impegno sugli obiettivi e le milestones e molta concentrazione sulla timeline. I collaboratori dovranno sentirsi coinvolti, sentire di aver voce in capitolo sui piani che dovranno implementare, dovranno sentirsi motivati e dovranno venire incentivati, non solo economicamente, a portare a termine e bene le azioni del piano, nei tempi previsti.
Per esperienza, fattori esterni faranno sì che quasi mai i piani procederanno come previsto, senza intoppi, senza ritardi, senza piccole o grandi modifiche, senza problemi tecnici imprevisti che rallenteranno la timeline del piano.
Ma la causa più frequente di rallentamenti in un piano accadrà per problemi con il personale che dovrà implementare il piano: emergeranno problemi con i soggetti posti in posizioni chiave (ad es. problemi di formazione, disciplinari o relazionali), problemi di comunicazione nei team o tra i team, potrà accadere che l’azienda perderà (o deciderà di perdere) collaboratori chiave o membri del management e via dicendo.
Quindi, mentre i fattori esterni non potranno essere governati (se ne potranno governare solo le conseguenze), i fattori interni potranno e dovranno essere previsti e mitigati.
1. Il coinvolgimento dei collaboratori-chiave: innanzitutto, qualunque implementazione avverrà più fluidamente solo se saranno pienamente coinvolti tutti i collaboratori chiave e non soltanto quindi gli amministratori o i consulenti esterni di staff.
Sarà importante ottenere il pieno supporto delle risorse chiave con competenze tecniche indiscusse, rispettati da tutti, riconosciuti dai colleghi come leader informali. Ad esempio, le persone a cui i colleghi si rivolgono per ottenere indicazioni e consigli. Il management dovrà quindi chiedersi chi, tra i dipendenti chiave dell’azienda, potrà portare al successo o all’insuccesso il piano e come questa persona potrebbe incidere sul piano, chi avrà da guadagnarci e chi ci rimetterà, se ci sono gruppi che tenderanno a impegnarsi e chi tenderà a boicottare il piano stesso.
Il management dovrebbe, perciò, chiedersi:
- nel team aziendale, ci sono sufficienti attori-chiave?
- gli attori-chiave hanno la sufficiente expertise per lavorare in autonomia?
- gli attori chiave sono sufficientemente motivati, anche in termini di gratificazioni materiali?
- tra gli attori chiave sono presenti dei leader, sufficientemente credibili da essere presi sul serio dagli altri dipendenti e dal management?
- i componenti del team sono in grado di accantonare i propri interessi personali a favore degli obiettivi dell’intero team o dell’intera azienda?
2. Le persone “sbagliate”. Già l’implementazione di un piano è cosa complessa, ma le cose potranno diventare esponenzialmente più complicate se coinvolgiamo le persone sbagliate.
Di certo andrebbero escluse dal team di implementazione del piano (ma relegate al ruolo di meri esecutori) le persone egocentriche, cioè quelle che tendono a voler dominare nelle diverse situazioni lasciando agli altri pochi spazi di contributo e partecipazione. Queste persone spesso non si rendono conto dei propri limiti che che questi limiti potrebbero ben essere superati con il contributo degli altri.Andrebbero escluse le persone che avvelenano sotterraneamente i rapporti tra i componenti del team. Andrebbero escluse anche le persone riluttanti, quelle che, pur possedendo la necessaria expertise per l’implementazione del piano, non mostrano sufficiente entusiasmo rispetto ai piani da realizzare.
3. La coerenza del management. Una volta completata la predisposizione del piano e una volta individuato il team che lo implementerà, il management dovrà poi supportare il piano con comportamenti coerenti. Ogni azione incongruente comunicherebbe il messaggio ai dipendenti che il management non è seriamente intenzionato a implementare la nuova strategia o che non è disposto a fare la sua parte. Ad esempio, durante un piano di riduzione dei costi, il management che non rinunciasse a una parte dei propri bonus o che aumentasse i propri emolumenti, fiaccherebbe l’implementazione di qualunque piano.
4. Milestones. Alcuni piani sono particolarmente lunghi nel loro cronoprogramma, le persone tendono a stancarsi o a perdere interesse senza azioni concrete che tengano alta la tensione positiva. Un modo per ovviare a questo stato di cose è quello di celebrare il raggiungimento delle c.d. “pietre miliari” intermedie (“Milestones“). Questa celebrazione non necessariamente deve consistere in una gratificazione economica ma può consistere in un portare a pranzo i collaboratori o in un pomeriggio libero. Ovviamente, la celebrazione di un milestone non dovrà essere una “dichiarazione prematura di vittoria” per dirla con Kotler, che la considera, al contrario, tra le principali ragioni del fallimento di un piano.
5. La comunicazione. sarà importante anche comunicare bene durante tutta l’implementazione del piano, spiegando costantemente alle persone coinvolte qual è la natura della strategia, la sua importanza, i benefici che apporterà ai lavoratori e all’azienda e quali ruoli ognuno dovrà assolvere. E la comunicazione dovrà essere bidirezionale, il management dovrà essere pronto all’ascolto e ricettivo rispetto a ciò che le persone comunicano.
Per agevolare i processi di implementazione di qualunque piano strategico, esistono diversi software di project management. Molti sono online, ottimizzati per il lavoro in team, anche remoti, e a nostro avviso, sono INDISPENSABILI. Li abbiamo testati quasi tutti (per lo meno quelli che riteniamo più validi e che sono più usati) e i nostri preferiti, ad oggi, risultano Monday.com (che è quello che utilizziamo anche per le nostre attività di Studio) e Asana.com.
E a proposito ancora di implementazione, nel prossimo post parleremo dei sistemi di bonus incentivanti:
un piano di incentivi economici è sicuramente il miglior sistema per elevare il livello di coinvolgimento di qualunque team e per garantire il successo di un piano strategico aziendale che non resti solo sulla carta o sulla scrivania di un funzionario di banca per l’ottenimento di un prestito o sul quella di un giudice per un accordo di ristrutturazione aziendale ex Art. 182-bis L.F.
Come sempre, per qualunque ulteriore informazione, non esitate a contattarci:
Paolo Battaglia - author
Paolo Battaglia, è laureato in Economia e Commercio presso l’Università di Messina, con Master in Business Administration presso la Central Connecticut State University, ICAEW Sustainability Certificate, IIEEL Certified ESG Professional (CESG Pro-Associate Level), Dottore Commercialista, Revisore Legale e ICAEW Chartered Accountant (Institute of Chartered Accountants in England and Wales), membro della ICAEW Financial Reporting Faculty e della ICAEW Corporate Finance Faculty, con 25 anni di esperienza in Italia e all’estero nel guidare la crescita organizzativa, finanziaria e i processi aziendali delle PMI.
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