Fare impresa, mollare il lavoro dipendente e mettersi in proprio facendo società con un amico è il sogno di molti. Molto spesso le perplessità sono di tipo finanziario, ancor prima che economico. Quasi mai sono di tipo organizzativo.
Eppure l’esperienza insegna che l’insuccesso di moltissimi sodalizi avviene prima che per motivi finanziari, per problemi legati agli aspetti relazionali, alla mancata condivisione di obiettivi strategici o al mancato accordo su regole di convivenza interna. Dovremmo ricordare, invece, che anche se abbiamo cieca fiducia reciproca, dobbiamo sempre confermarci vicendevolmente gli accordi, anche con i nostri fratelli. Anzi, proprio perché teniamo in modo speciale ai nostri rapporti sociali e familiari, in questi casi è ancora più importante stabilire delle regole. Parenti e amici, nella loro qualità di soci, vanno trattati come estranei, utilizzando le stesse cautele.
Determinanti, per il successo di un ‘impresa, non è tanto il fatto di avere soci in numero dispari, purché inferiori a 3 (come recita un adagio) o il semplice entusiasmo, quanto la compatibilità caratteriale e una chiara divisione delle responsabilità e dei poteri tra i soci.
Il piano di business in questi casi rappresenta lo strumento programmatico per eccellenza, impostato più per un uso interno che da comunicare all’esterno (banche, finanziatori, ecc.). Solo successivamente (ma prima della costituzione) sarà anche necessario affiancare ad atto costitutivo e statuto un regolamento molto dettagliato: responsabilità aziendali, utilizzo locali, telefono… In caso di controversie, se c’è un accordo preliminare, la soluzione sarà più semplice.
Preliminarmente è necessario un laico (nel senso di non “innamorato” dell’iniziativa), confronto sull’idea, sulla filosofia che sottende sugli obiettivi e sui ruoli e le funzioni dei futuri soci “nubendi”.
Successivamente va analizzato il mercato (clientela e concorrenza) e i servizi e prodotti che si intendono realizzare.
Successivamente e consequenzialmente, vanno analizzati nel Business plan gli aspetti organizzativi.
La formalizzazione “nero su bianco” della missione e di obiettivi realistici e coerenti è il punto fondamentale attorno al quale si sviluppa l’intero progetto.
In particolare i soci devono chiarire:
  • di avere in mente la stessa cosa riguardo il proprio business. Sembra ovvio, ma nella mia esperienza, posso assicurarvi che non è sempre così.
  • i principi fondamentali dello statuto e del regolamento interno;
  • ruoli e funzioni di ciascun socio;
  • l’adesione futura di nuovi soci e le modalità del loro ingresso;
  • regole per l’eventualità di una futura cessione del nascente business;
  • le esigenze personali (famiglia, hobbies, ecc.) e la correlazione di esse con il nuovo impegno.
Gli obiettivi
È importante che gli obiettivi siano misurabili in modo da disegnare un “percorso ideale” per raggiungerli e per poi analizzare gli scostamenti rispetto al percorso tracciato.
Gli obiettivi devono essere misurabili in cifre e vanno stabilite le date entro i quali questi vanno raggiunti. Vanno anche stabilite le strategie del gruppo per raggiungere i suddetti obiettivi.
Per metterli a punto dovremo visualizzare un orizzonte temporale inizialmente triennale, poi annuale e poi mensile.
Dovremo prevedere momenti di verifica degli obiettivi almeno trimestrali se non mensili (in relazione alla complessità della gestione) dello stato dei nostri lavori e degli obiettivi. Eventualmente dovremo rivedere le nostre strategie per raggiungerli, o rivedere gli stessi obiettivi. Certo la revisione non dovrà rimettere in discussione il piano anche per piccoli scostamenti di dettaglio non significativi.
Esempio di obiettivi (scegliete voi i più opportuni, o aggiungetene altri per voi significativi):
  • n.° di nuovi clienti entro il…
  • fatturato da raggiungere entro il …
  • % del mercato entro il …
  • nuovo canale/contatto/relazione entro il…,
  • nuovo mercato servito entro il …

A questo punto, fissati gli obiettivi (sapendo che dovrete ritornarci su, iterativamente, dopo aver approfondito la loro realizzabilità) va svolta un’attenta analisi del mercato riguardante i clienti e la concorrenza. Preliminare è però la definizione dei prodotti (o servizi) offerti, anche questa questione per niente ovvia.
Qual è la vostra clientela potenziale? Fate uno sforzo per individuarla e segmentarla, anche geograficamente. Non esiste “il cliente tipo”, ma diverse tipologie di clienti (cioè diversi bisogni serviti) e quindi diverse strategie per attrarlo, servirlo, mantenerlo fedele, far sì che ci porti altri clienti.
E chi sono realmente i vostri concorrenti? Avrete diversi concorrenti per ogni segmento di clientela potenziale servita. Quindi i vostri concorrenti saranno evidenti solo dopo aver individuato i vostri potenziali clienti e i relativi bisogni serviti. 
Su come proseguire il processo di business planning e per approfondimenti potete trovare qui altre informazioni, o digitare nel box di ricerca in alto “Business Plan”.

IL REGOLAMENTO
Una volta chiari i motivi che vi hanno portato a fare società, e avendone condiviso le strategie e gli obiettivi, avendo messo per iscritto il piano di business, è necessario stabilire una serie di principi base di “convivenza” o REGOLAMENTO. Il regolamento può essere inserito nel documento di pianificazione di business. Può farsi riferimento al regolamento nello statuto, per ogni altra previsione che non sia ivi contenuta. Ma non create il regolamento DOPO esservi costituiti dal notaio. Molti aspetti della gestione vanno chiariti PRIMA e incorporati nel regolamento.
Il regolamento sancisce le regole interne di convivenza e va sperimentato ed, eventualmente, rivisto dopo sei mesi, poi dopo un anno. Infine va congelato e bloccato, a meno di cambiamenti gestionali importanti. L’approvazione va data all’unanimità.
Il regolamento va redatto non come un contratto di matrimonio, ma come un contratto di divorzio! Cioè vanno gestite anche e soprattutto le patologie prevedibili.
Tra i principi e gli aspetti organizzativi da incorporare nel regolamento, riflettete fin d’ora su questi punti che, se non chiariti e concordati in tempo, possono portare ad effetti deflagranti dopo pochi anni di vita aziendale. Sono elencati solo a tipo di esempio:
  • i ruoli e le funzioni di ognuno di voi rispetto all’organizzazione interna e al rapporto con l’esterno
  • le regole condivise per la gestione di assenze, soprattutto se prolungate (gravi malattie, infortuni, ecc.);
  • i criteri di ripartizione degli utili e gli eventuali meccanismi di incentivazione;
  • la regolamentazione dei casi di recesso e/o esclusione, con l’individuazione di criteri per la valutazione della società e/o delle singole quote;
  • le regole per i servizi e i prodotti venduti a parenti ed amici
  • le regole per l’ingresso di nuovi soci, collaboratori e per l’assunzione di personale dipendente: decisioni a maggioranza, unanimità, ecc., i criteri per la selezione del personale, ecc.
Indipendentemente da valutazioni patrimoniali o fiscali, si può dire che la società in nome collettivo (Snc) è preferibile tutte le volte in cui i soci sono legati da rapporti di stima e fiducia reciproca e intendono operare attivamente con lo stesso impegno nella società. 
La società in accomandita semplice può essere presa in considerazione quando si voglia affiancare ad una compagine siffatta uno o più soci di capitale da tener fuori da amministrazione e da responsabilità patrimoniale personale.
Negli altri casi può ipotizzarsi una Società a Responsabilità Limitata (Srl). In ogni caso è sempre opportuno farsi consigliare da un dottore commercialista.

Un’altra osservazione: nella mia esperienza accade spesso la seguente situazione: tre soci vanno d’accordo per anni, le cose vanno bene e non ci sono tensioni finanziarie. Poi l’azienda attraversa un periodo più complicato, i soci decidono di immettere personalmente risorse in azienda: apporto dei soci in conto capitale o finanziamento degli stessi soci. Se uno dei soci non ha le liquidità necessarie ad adeguarsi alla decisione, non resta che re-distribuire le quote, cedendo parte delle quote agli altri soci più “liquidi” che effettuaranno l’apporto necessario alla ricapitalizzazione dell’azienda. La rimodulazione delle quote può portare ad una estromissione di fatto del socio dalla gestione “ridotto”, o ad una tale sua riduzione di partecipazioni da non renderne più conveniente la sua presenza nel sodalizio. 

Per non dire che, tale modalità è spesso usata proprio per estromettere un socio che gli altri soci sanno non essere in grado di “rilanciare”. Insomma, non si dovrebbe giocare a poker con chi ha più soldi di noi.

E cosa acccade quando una società nasce tra soci di capitale e soci d’opera? Una società nasce con queste due tipologie di soci, le cose vanno bene, la società cresce, ha successo, chi la amministra investe tempo, risorse, credito (anche) bancario personale. A poco a poco il socio di capitali, inizialmente benedetto perché colui che ha messo le risorse patrimoniali perché tutto iniziasse, finisce con l’essere percepito come superfluo e “parassitario”. Si finirà col volersene liberare e l’altro opporra le ovvie resistenze (leggasi richieste molto care per la fuoruscita), avendo tutto l’interesse a rimanere socio di una società redditizia. 

E’ importante che vengano definiti bene i ruoli. Tre soci tutti amministratori renderebbero complicata la gestione. Così come tre soci tutti impegnati nella produzione o nella commercializzazione. La società necessita che vengano coperte le tre aree (amministrazione, produzione, commerciale) e vanno ben distribuiti i ruoli, senza sovrapposizioni.

Chi possieda più quote non può comunque pensare di imporre le sue scelte in azienda, essendo questo il potere dell’amministratore (sempre nei limiti del mandato conferito dai soci). Ricordate che chi amministra ha la gestione dell’impresa.

In tutti questi casi, al di là di quanto previsto dal Codice Civile, è utile prevedere, sempre in fase preliminare alla costituzione, i PATTI PARASOCIALI, cioè un atto pubblico in cui vengono regolamentati tutti gli elementi della vita sociale non espressamente previsti nello statuto.

In bocca al lupo!

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