Da alcuni anni siamo fatti oggetto impotente di inviti ad indebitarci da parte di diversi benefattori, sempre pronti a rifocillarci di denaro.
Vediamo come approfittare, difenderci o stare alla larga dalle offerte proposte a noi Pinocchi non professionisti della materia da parte dei tanti Gatti e Volpi sul mercato.
Il mercato del credito al consumo è realmente scatenato, complici la creazione legislativa della figura (sinistra?) del “Mediatore Creditizio”, le difficoltà reali e quotidiane delle famiglie e l’induzione al “peccato” consumistico superfluo da parte delle martellanti campagne pubblicitarie.
Iniziamo vedendo come funziona il credito al consumo. Vedremo successivamente chi è, cosa può fare e cosa non può fare il mediatore creditizio.
Il prestito personale è un finanziamento che viene regolato dalla normativa sul credito al consumo.
Il credito al consumo è costituito, ad es. dai finanziamenti rateali destinati all’acquisto di beni o di servizi, dai prestiti personali, dalle aperture di credito rotativo (revolving) con o senza carta, dalle operazioni di cessione del quinto dello stipendio.
Nell’ordinamento italiano, la disciplina del credito al consumo è oggi regolata da una serie articolata di norme che hanno lo scopo di garantire e tutelare il consumatore.
Di seguito vengono riportate alcune delle principali disposizioni di legge che regolano l’attività di credito al consumo e quella del mediatore creditizio.
- Decreto del Presidente della Repubblica n. 180/50;
- Legge 895/50: “Regolamento di attuazione della legge 180/50;
- Legge 142/92 “Credito al consumo”;
- D.M. Tesoro 8 luglio 1992 e successive modificazioni “Disciplina e criteri di definizione del tasso annuo effettivo globale (TAEG) per la concessione di credito al consumo”;
- Decreto Legislativo 385/93 “Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia”;
- Legge 52/96 “Clausole vessatorie”;
- Legge 154/92 “Trasparenza delle operazioni bancarie”;
- Deliberazione del CICR 4 marzo 2003: “Disciplina delle condizioni contrattuali delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari”;
- Legge 108/96 “Disposizioni in materia d’usura”;
- D.P.R. 287/2000: “Regolamento d’attuazione dell’art. 6 della L. 108/96, recante disciplina dell’attività di mediazione creditizia;
- Provvedimento 29 aprile 2005: “Istruzioni per i mediatori creditizi”;
- Legge 675/96 “Tutela della privacy”.
Con un contratto di credito al consumo si concede un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di finanziamento o di altra analoga facilitazione finanziaria, per l’acquisto di beni e servizi (credito finalizzato) ovvero per soddisfare esigenze di natura personale (ad esempio: prestito personale, cessione del quinto dello stipendio) ad una persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta, e che viene, per questo, definita genericamente “consumatore”.
Il prestito non necessariamente deve essere collegato all’acquisto di un bene o di un servizio da parte del consumatore, ma può anche essere utilizzato per soddisfare generiche esigenze di liquidità, svincolate dall’acquisto di specifici beni e servizi.
I contratti di credito al consumo devono essere conclusi per iscritto e il consumatore deve ricevere un esemplare del contratto, pena la nullità del contratto stesso (art. 117, commi 1 e 3, del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, applicabile a tutte le operazioni di credito al consumo in forza del richiamo effettuato dall’art. 124 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia medesimo).
Il contratto di credito al consumo può essere strutturato in due modi:
Esso può prevedere la firma contestuale sia del cliente richiedente che della banca/finanziaria: in questo caso gli obblighi contrattuali scattano per entrambe le parti immediatamente dopo la firma.
In altri casi consiste in un modulo che, compilato con i dati personali del richiedente e le condizioni economiche applicabili, viene sottoscritto dal cliente e rappresenta una semplice “proposta” dello stesso che diventa un vero e proprio contratto, vincolante per le parti, solo a partire da quando, con l’erogazione della somma o la consegna del bene o della lettera di conferma, la banca o la finanziaria dichiara di accettarla.
Il contratto di concessione del credito al consumo deve contenere:
a) il nome dell’Istituto Finanziatore e i dati del consumatore che richiede il prestito;
b) l’importo del prestito e la sua scadenza, le modalità di erogazione, l’entità, il numero e la scadenza delle singole rate di ammortamento;
c) il tasso annuo nominale (TAN), l’eventuale facoltà di modificarlo, il dettaglio analitico delle spese applicate al momento della conclusione del contratto e le condizioni che possono determinarne la modifica;
d) il Tasso Annuo Effettivo Globale (TAEG) e le condizioni analitiche secondo le quali è possibile modificarlo;
e) le eventuali coperture assicurative richieste: il costo delle assicurazioni tese a garantire il pagamento del debito in caso di morte, invalidità o malattia del consumatore, devono obbligatoriamente entrare nel calcolo TAEG;
f) l’importo e la causale degli altri oneri che non entrano nel calcolo del TAEG;
g) le garanzie richieste;
h) le modalità di recesso del contratto.
La disciplina contrattuale sul credito al consumo prevede, inoltre, all’art. 124 comma 4) del Testo Unico che nessuna somma può essere richiesta o addebitata al consumatore se non sulla base di espresse previsioni contrattuali. Le clausole di rinvio agli usi per la determinazione delle condizioni economiche applicate sono nulle e si considerano non apposte.
Lo stesso articolo 124, al comma 5, prevede che nei casi di assenza o nullità delle clausole contrattuali, queste ultime sono sostituite di diritto secondo i seguenti criteri:
a) il TAEG equivale al tasso nominale minimo dei buoni del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro del tesoro, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto;
b) la scadenza del credito è a trenta mesi;
c) nessuna garanzia o copertura assicurativa viene costituita in favore del finanziatore.
Il prestito con cessione del quinto dello stipendio è una particolare tipologia di Credito al Consumo e consiste in un prestito personale non finalizzato da estinguersi con cessione di quote dello stipendio o salario fino al quinto dell’ammontare dell’emolumento valutato al netto di ritenute. Viene disciplinato dal D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 e relativo regolamento attuativo D.P.R. 28 luglio 1950, n. 895. Come previsto dall’ultima versione del D.P.R. 180/50 (aggiornato dalla Legge 14 maggio 2005, n. 80), questa tipologia di prestito è destinata a tutte le categorie di lavoratori dipendenti (oggi anche ai pensionati), sia dello Stato e del comparto para-statale che delle aziende private (come definitivamente sancito dagli aggiornamenti previsti dalla Legge 80/05).
La particolarità di questa soluzione di finanziamento è che il suo rimborso avviene con trattenuta, di importo pari alla rata prevista dal piano d’ammortamento del prestito, effettuata direttamente in busta paga. Tale peculiarità fa si che il rischio di insolvenza volontaria del debitore venga abbattuto fortemente, visto che, una volta dato il proprio consenso alla trattenuta in busta paga, il debitore non può più revocare il pagamento. Da ciò deriva anche il coinvolgimento del datore di lavoro nell’estinzione del finanziamento quale condizione fondamentale per l’erogazione del prestito, in conseguenza del quale non è possibile regolare personalmente il rimborso, fatto salvo il caso di interruzione del rapporto di lavoro.
L’importo della rata viene determinata entro una soglia massima pari al quinto dello stipendio percepito dal debitore ed è costante per tutto il periodo d’ammortamento del prestito. Il legislatore ha previsto che la cadenza di rimborso del prestito sia mensile.
La durata del periodo di ammortamento non può essere maggiore di dieci anni, corrispondenti a 120 mensilità, sempre compatibilmente con la data di messa in quiescenza del dipendente.
Per i dipendenti di aziende private il montante del finanziamento richiesto deve essere inferiore a 4 volte l’ammontare della liquidazione lorda maturata. Per le aziende private di primaria importanza il rapporto tra TFR e montante può essere elevato fino a 6. Questo limite non è previsto per i dipendenti statali e di enti pubblici.
L’erogazione del prestito avviene mediante consegna di assegni circolari non trasferibili intestati al cliente, oppure mediante bonifico bancario su di un conto corrente intestato al cliente stesso.
Il legislatore ha previsto un tasso d’interesse annuo nominale fisso per tutta la durata del finanziamento. Interessi e struttura dei costi dell’operazione devono essere sintetizzato dal Tasso Annuo Effettivo Globale (TAEG) e dall’Indicatore Sintetico di Costo (ISC).
Il D.P.R. 180/50 regolamenta anche il prestito con delega di pagamento, un prestito che permette l’addebito di una rata superiore al quinto dello stipendio. Il prestito con delega di pagamento consente di affiancare alla rata di cessione del quinto una seconda trattenuta detta appunto “delega di pagamento” di ammontare massimo pari ad un ulteriore 20% dello stipendio. Le due rate insieme non potranno superare il 40% dello stipendio netto.
Le rate massime delle Cessioni del Quinto e delle Deleghe singolarmente considerate non possono superare il 20% dello stipendio netto. Tale operazione, la cui accettazione il DPR180/1950 lascia alla discrezionalità del datore di lavoro, viene accordata dalla quasi totalità egli Enti Statali mentre va verificata caso per caso per i dipendenti degli enti locali e delle aziende private. Quest’operazione di solito ha luogo quando il debitore ha già in corso un finanziamento con residuo debito molto elevato, oppure nel caso si chieda un prestito di importo particolarmente alto. Il totale delle rate trattenute in busta paga può arrivare fino al 50% dello stipendio netto. Il caso può verificarsi quando in busta paga coesistono cessione del quinto, delega e una terza trattenuta (ad esempio un pignoramento o una seconda Delega). La dilazione massima prevista è di 10 anni, come per le cessioni del quinto.
Per ultimo, il prestito c.d. cambializzato è un finanziamento personale non finalizzato disciplinato anch’esso dalla normativa relativa al “Credito al Consumo”.
Normalmente si ricorre al prestito cambializzato per soddisfare esigenze di liquidità monetaria, destinato a persone comuni, lavoratori con reddito provato e pensionati.
Il prestito cambializzato è a tasso fisso e rata costante per tutta la durata del finanziamento e non costringe alla trattenuta in busta paga (come per esempio avviene per la cessione del quinto).
Questo tipo di prestito si distingue per il metodo di rimborso che avviene attraverso il pagamento di cambiali. Ogni singola tratta può essere appoggiata presso una qualsiasi banca (non necessariamente in quella dove si ha un proprio conto corrente).
L’ammontare delle quote non deve superare il 30% del reddito netto mensile percepito dal beneficiario e, nel caso di altri finanziamenti in corso, l’onere finanziario non può comunque superarne la metà.
I finanziamenti cambializzati vengono concessi sia ai lavoratori dipendenti ai quali, in alcuni casi, viene chiesto a garanzia il TFR, che ai lavoratori autonomi e liberi professionisti.
Sul mercato viene offerta la possibilità di richiedere prestiti cambializzati anche nel caso si risulti iscritti nelle centrali rischi (crif, ctc o experian) come cattivi pagatori mentre non vengono generalmente accettati i protesti e la procedura è molto semplice e, di norma, veloce, gli unici documenti necessari essendo, di norma, per i lavoratori dipendenti l’ultima busta paga, modello cud e documenti personali, mentre per autonomi e liberi professionisti, il modello 730 dell’anno precedente.
ORA STATE ATTENTI A QUESTO:
Ai sensi del Decreto Legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) gli unici soggetti abilitati ad erogare finanziamenti sotto ogni forma finalizzato al Credito al Consumo sono esclusivamente le banche e gli intermediari finanziari.
Gli intermediari finanziari che concedono il credito al consumo sono iscritti:
a) nell’elenco generale previsto dall’art. 106 del Decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), tenuto dall’Ufficio Italiano dei Cambi;
b) nell’elenco speciale previsto dall’art. 107 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, tenuto dalla Banca d’Italia.
I soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti nei citati elenchi, come i mediatori creditizi, non possono concedere prestiti ai consumatori; diversamente, sono perseguibili penalmente ai sensi dell’art. 132 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia.
La prossima volta parleremo proprio del Mediatore Creditizio.
Paolo Battaglia - author
Paolo Battaglia, è laureato in Economia e Commercio presso l’Università di Messina, con Master in Business Administration presso la Central Connecticut State University, ICAEW Sustainability Certificate, IIEEL Certified ESG Professional (CESG Pro-Associate Level), Dottore Commercialista, Revisore Legale e ICAEW Chartered Accountant (Institute of Chartered Accountants in England and Wales), membro della ICAEW Financial Reporting Faculty e della ICAEW Corporate Finance Faculty, con 25 anni di esperienza in Italia e all’estero nel guidare la crescita organizzativa, finanziaria e i processi aziendali delle PMI.
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