La domanda di immobili dipende da tanti motivi, e non tutti, ovviamente, possono ricondursi a soli bisogni abitativi o a soli bisogni speculativi.
Una buona fetta della componente della domanda di immobili consiste in una serie di fattori psicologici: l’idea che essere in affitto significhi gettare via i soldi, che non ci si possa definire veramente liberi finché non si possiede il posto dove si vive (“se anche devo mettere un chiodo, voglio che sia a casa mia”), che nella propria comunità sociale ci si senta valutati sulla base del patrimonio, della “roba” posseduta, che non si sia “nessuno” se non si possiede nulla, con l’attraente prospettiva per cui comprando non solo ci si possa convertire in proprietario (quindi si diventa, finalmente “qualcuno”), ma addirittura in speculatori entrando a far parte della ambita comunità dei ricchi dal momento stesso in cui si sottoscrive un’ipoteca :-).
Enormi interessi alimentano costantemente questo atteggiamento psicologico: i promotori immobiliari, gli istituti bancari e le finanziarie, le agenzie di compravendita di immobili, gli investitori/speculatori, le associazioni di categoria, i governi che, nei fatti, spingono l’idea che il PIL nazionale dipenda a tal punto da un rialzo dei prezzi delle case che sarebbe una catastrofe se si abbassasse il prezzo.
E c’è un altro gruppo più numeroso e influente che fa pressioni nella stessa direzione: sono tutti quelli che hanno già risolto il problema perchè già comprarono, e che spingono costantemente chi non l’ha fatto affinchè lo faccia, come spesso capita a chi ha preso moglie/marito, generato figli, comprato un’auto o un’altra. Chiunque faccia una qualunque scelta ha poi bisogno di aver conferma della giustezza delle proprie azioni non sopportando di vedere intorno a sé i propri simili fare scelte diverse.
Questo gruppo, nonostante non abbia interessi diretti a farlo, esercita una pressione più forte degli altri, perché è costituito dai familiari, amici e conoscenti di tutti quelli che non hanno casa, e le loro posizioni vanno da una sincera preoccupazione per il problema fino a considerarli idioti. Posizione quest’ultima tipica di chi si è di recente ipotecato a 40 anni e più con mutuo a tasso variabile.
E qui torno sulla prudenza che, in questo momento, bisognerebbe adottare per via della bolla immobiliare.
Cito da wikipedia: “Bolla immobiliare”
La bolla immobiliare è un tipo di bolla economica che si presenta periodicamente nei mercati immobiliari locali, o anche globalmente. È caratterizzata da un rapido aumento dei prezzi immobiliari che si portano a livelli insostenibili in rapporto ai redditi medi o ad altri parametri economici. A partire da 2007 numerosi analisti economici sostengono l’esistenza di una bolla immobiliare in molte aree del mondo, in particolare negli Stati Uniti, in Gran-Bretagna, Italia, Australia, Nuova Zelanda, Irlanda, Spagna, Polonia, Sudafrica, Israele, Grecia, Canada, Norvegia, Singapore, Svezia, India, Romania, Corea del sud, Russia, Ucraina e Cina. Le bolle immobiliari sono seguite invariabilmente da rapide e consistenti diminuzioni dei prezzi immobiliari che possono portare molti propietari al negative-equity (debito ipotecario superiore al valore corrente della proprietà). Come per gli altri tipi di bolla economica, è difficile identificare una bolla immobiliare se non retrospettivamente, dopo lo sgonfiamento. Lo scoppio di una bolla immobiliare è solitamente un processo più lento dello scoppio di una bolla del mercato azionario, in quanto i potenziali venditori sono restii ad accettare l’idea di un calo del valore delle loro proprietà.
Ora, in un quadro di minore liquidità sul mercato da parte dei privati e di tassi crescenti e conseguenti difficoltà da mutuo e in cui l’offerta di nuove case continua imperterrita, si arriva ad un punto in cui è possibile osservare che i prezzi delle case, nelle loro diverse tipologie, si fermano e poi iniziano a scendere. Questa fase è preceduta da un aumento delle offerte di vendita di case, soprattutto da parte dei privati.
Per quanto riguarda i costruttori, questi, di norma, lavorano con i soldi delle banche seguendo questo modello:
Fatto 100% il valore del costo totale dell’immobile, circa il 20% (negli ultimi anni anche meno) lo mette il costruttore, di solito per acquistare il terreno. La rimanente somma la mette la banca a stati d’avanzamento lavori. Nel periodo di costruzione si va in pre-ammortamento, ossia si pagano solo gli interessi senza ancora rimborsare il capitale. Ovviamente esiste l’impegno del costruttore a canalizzare a rimborso del finanziato le caparre degli acquirenti e poi saldi derivanti dalla vendita delle case.
Ma se caparre e saldo prezzo non arrivano, ad esempio perché non si trovano acquirenti, nasce per il costruttore un problema. La banca vuole rientrare secondo i piani previsti e il costruttore non intenderà rimborsare il mutuo ma accollarlo (con i subentri) agli acquirenti. E se non c’è domanda il costruttore sarà costretto ad abbassare considerevolmente i prezzi. Di conseguenza, scenderà il prezzo delle case in quel mercato. Inizialmente non si tratterà di una riduzione dei prezzi ma di prezzo uguale ma con regalie ed omaggi (ad esempio lavori extra allo stesso prezzo o condizioni di pagamento più comode), per non “rovinare” il mercato. Molto dipenderà dalla capacità finanziaria di sopportazione dell’impresa. Probabilmente il “vecchio” patrimonio immobiliare si svaluterà per primo, soprattutto se a vendere è un privato, infinitamente più debole di un grosso costruttore nei confronti delle banche.
È a questo punto, che inizia un meccanismo di ribasso e si aprirà il “mercato del compratore”, per dirla con Laplace.
Quando gli indicatori (calo sui nuovi mutui, calo nelle case vendute, calo nelle nuove case costruite, muti in sofferenza, crollo titoli immobiliari/bancari) saranno finalmente comunicati al grande pubblico (gli attualmente silenti telegiornali e giornali nazionali) si diffonderà l’idea che i prezzi delle case sono troppo alti e che basterà attendere per poter fare un affare. Questa idea durerà a lungo e senza un razionale orizzonte definito (così come è avvenuto negli anni di crescita drogata) e potrebbe non avere un floor ragionevole ma spingersi oltre la normale e corretta depauperazione dell’attuale valore gonfiato. Chi avrà contratto mutui durante il periodo in cui il valore del proprio immobile era alto si ritroverà a rimborsare un prestito maggiore del valore della casa, com’è accaduto negli anni ’90 in Gran Bretagna, ad esempio. Quindi chi volesse vendere casa per tornare a stare in affitto dovrà trovare ulteriori risorse per estinguere il mutuo, soprattutto se ci si trova ancora nei primi anni di ammortamento. Questo fenomeno viene definito “negative equity”.
Comunque il Paese non crollerà per questo: una volta razionalizzato e equilibrato, il settore edilizio tornerà a recuperare il patrimonio immobiliare esistente, spuntando le unghie a molti speculatori devastatori del paesaggio urbano, rurale e costiero, premiando gli imprenditori più specializzati e professionali, accorti e capaci.
Paolo Battaglia - author
Paolo Battaglia, è laureato in Economia e Commercio presso l’Università di Messina, con Master in Business Administration presso la Central Connecticut State University, ICAEW Sustainability Certificate, IIEEL Certified ESG Professional (CESG Pro-Associate Level), Dottore Commercialista, Revisore Legale e ICAEW Chartered Accountant (Institute of Chartered Accountants in England and Wales), membro della ICAEW Financial Reporting Faculty e della ICAEW Corporate Finance Faculty, con 25 anni di esperienza in Italia e all’estero nel guidare la crescita organizzativa, finanziaria e i processi aziendali delle PMI.
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