Come sempre, in prossimità della fine del ciclo di programmazione (UE 2014-2020 nel caso attuale), in molte regioni Italiane vengono pubblicati numerosi e generosi bandi per gli investimenti delle micro e PMI e grandi imprese. La missione del nostro Studio consiste nell’assistere l’impresa sia durante lo start-up che in fase di sviluppo e di maturità, individuando le migliori fonti di finanziamento, private o pubbliche e quindi lavoriamo moltissimo con la finanza pubblica. Sono bandi anche molto generosi che, ad esempio in Sicilia, arrivano a concedere contributi in C/Capitale anche all’80%.

Ci sentiamo però, di condividere alcune riflessioni sulla situazione generale del fare impresa oggi, soprattutto per quei settori commercialmente di successo fino a qualche tempo fa (ad esempio tutta la filiera dell’edilizia) e che oggi sperimentano una evidente contrazione delle vendite e (quindi) tensioni finanziarie.

Innanzitutto, soprattutto se un’impresa commercialmente sperimenta da molto tempo difficoltà commerciali, le partecipazione ad un bando apparentemente vantaggioso, senza che si affrontino le difficoltà commerciali, può essere un passo azzardato e va considerate solo dopo aver affrontato strategicamente quelle economiche. Cioè, il Conto Economico deve essere in grado di giustificare i nuovi investimenti in modo solido e senza troppi rischi da inavvedutezza (non i rischi di mercato: quelli sono ineliminabili, naturalmente). E il discorso vale anche per gli aiuti alle nuove imprese, spesso accecate dall’innamoramento della propria idea d’impresa, senza troppa voglia (o strumenti) per comprendere bene le reali dimensioni del proprio passo finanziario, spesso accusando le banche di non volerle aiutare.

La gran parte degli imprenditori che lanciano un nuovo business lo fa con speranza e ottimismo. Solo pochi si aspettano che il proprio business stravolga il mondo, però un po’ tutti contano di avere successo. E quasi tutti sanno anche che lungo la strada sperimenteranno momenti difficili. La liquidità, in particolare, raramente scorrerà con la fluidità che l’imprenditore desidera o avrà previsto. Inoltre, i costi possono impennarsi rapidamente ed inaspettatamente. Questo può rendere la gestione della liquidità (e l’accesso a fonti finanziarie ulteriori) più difficoltosa. La differenza tra un business che sopravvive e prospera e queli che falliscono sta proprio nel modo in cui gestiscono le difficoltà.

Iniziamo con oggi una serie di articoli su come affrontare questi momenti di difficoltà, riconoscendo i problemi tempestivamente, in uno stadio in cui ancora si può porre rimedio, prima che diventino ingestibili, se non con gli strumenti (certo non auspicabili in prima battuta) oggi messi a disposizione dalla legislazione sulla crisi d’impresa (organismi di composizione della crisi, piani attestati di risanamento, accordi di ristrutturazione dei debiti, accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari e convenzioni di moratoria, concordato preventivo, procedura di liquidazione giudiziale (ex-fallimento).

Il nostro consiglio, non vi sembri di parte, è di rivolgersi ad un bravo dottore commercialista specializzato in materia finanziaria. Ce ne sono diversi, sul mercato, oltre a noi. C’è sempre margine per poter trovare soluzioni, quando i problemi vengono individuati per tempo. C’è ancora una sorta di resistenza da parte dell’imprenditore a chiedere aiuto in materia di problemi finanziari, e spesso ci si rivolge al proprio contabile che conosce bene la situazione fiscale ma che non ha strumenti per assistere per un bisogno tutto speciale che è quello della pianificazione finanziaria e strategica. È anche bene ricordare che, anche se il professionista può individuare una strada nell’alveo della legge fallimentare riformata, non ogni intervento di assistenza arriva a questo tipo di intervento drastico, salvando il business in fasi ben precedenti, se correttamente e tempestivamente condotte.

Ma come distinguere tra un mero momento di difficoltà finanziaria e un vero e proprio declino del proprio business? La pratica professionale porta ad individuare 7 stadi che dalla crescita possono portare all’insolvenza e al pieno recupero.

Stadio 1: Crescita
Stadio 2: Performance basse
Stadio 3: Sofferenza
Stadio 4: Crisi
Stadio 5: Gestione della crisi
Stadio 6: Stabilizzazione
Stadio 7: Pieno recupero

Un business già in uno stadio 4 (cioè, in crisi), spesso trova ulteriori fonti di finanziamento (bancario o, come si diceva prima, finanza agevolata), risolvendo nel brevissimo periodo, ma in realtà spostando in là il problema e peggiorando soltanto la situazione nel tempo (ulteriore indebitamento, segnalazioni alle centrali di rischio, impossibilità a produrre DURC, tensioni con I lavoratori e fornitori per ritardi nei pagamenti e possibili azioni giudiziarie che pregiudicano la quotidiana operatività). E allora la sola modalità di intervento diventa quella dell’accesso agli strumenti legislazione sulla crisi d’impresa visti sopra.
Essere consapevoli dei pericoli all’orizzonte quando si è in uno stadio di allerta molto precoce e comprendere se si tratti dell’inizio di un declino di lungo periodo o semplicemente di una breve tensione finanziaria, può aiutare l’imprenditore a intervenire con azioni appropriate e tempestive che possono salvare il suo business.

(Continua…)

Prossimo post:
Stadio 1: Crescita

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Paolo Battaglia

Dottore Commercialista in Ragusa e ACA Chartered Accountant (ICAEW) a Londra

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