Con la L. 186/2014 da un lato si crea un sistema di premialità per chi denuncia i propri capitali illecitamente detenuti all’estero, dall’altro si appesantiscono, come vedremo, le conseguenze penali per chi scelga di non  accedere allo strumento. Tra le altre cose, la legge introduce il reato di “autoriciclaggio” con cui viene estesa la punibilità anche all’autore del reato da cui proviene il denaro, mentre finora era perseguibile a titolo di riciclaggio soltanto chi non avesse commesso, o non avesse concorso a commettere, anche il reato presupposto.

Quindi, oggi incorre nel reato di autoriciclaggio chiunque, avendo commesso o concorso a commettere uno delitto non colposo, impieghi, sostituisca, trasferisca in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa. Il nuovo reato mira a punire chi impieghi in attività economiche o finanziarie il denaro sottratto al fisco o proveniente da altre attività delittuose, cercando di occultarne la provenienza, con pene graduate a seconda della gravità del reato presupposto.

Quindi, per chi faccia disclosure entro il 30 settembre 2015 oltre alla non punibilità dei reati fiscali visti in precedenza, è prevista anche la non punibilità dei seguenti reati non tributari:

• Art. 648-bis del c.p. (“riciclaggio”);

• Art. 648-ter del c.p. (“impiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita”);

• Art. 648-ter.1 del c.p. (“autoriciclaggio”).

Per chi non accede alla procedura le pene previste per il reato di riciclaggio e di impiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita sono aumentate ed ora il reato è punito con la reclusione da 4 a 12 anni e con la multa da euro 5.000 a euro 25.000.

Il reato di autoriciclaggio è punito con la pena della reclusione da 2 a 8 anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000. Si applica la pena della reclusione da 1 a 4 anni e la multa da euro 2.500 a euro 12.500 se il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a 5 anni. Costituisce circostanza aggravante se il reato è commesso nell’esercizio di un’attività bancaria, finanziaria o di altra attività professionale. Costituisce, invece, circostanza attenuante, con l’evidente intento di stimolare un atteggiamento collaborativo, l’essersi adoperato efficacemente per impedire conseguenze ulteriori delle condotte di sostituzione, trasferimento o impiego dei beni, nel qual caso la pena è diminuita fino alla metà. Si osservi come non sia punibile chi destini il denaro, beni o altre attività provenienti da autoriciclaggio alla mera utilizzazione o al godimento personale, quindi all’autoconsumo, senza ulteriore reinvestimento in attività economiche, non necessariamente imprenditoriali. La legge stessa chiarisce che le esimenti penali previste per chi accede alla disclosure valgono solo se commesse in relazione ai proventi di uno degli illeciti tributari coperti dall’art. 5-quinquies, comma 1, lett. a) della stessa legge.

È stata, infine, introdotta la confisca obbligatoria dei beni provenienti dai profitti realizzati attraverso l’autoriciclaggio e la confisca per equivalente nel caso in cui non sia possibile effettuare la confisca diretta di tali beni.

È importante tener presente che il reato di autoriciclaggio genera anche conseguenze non immediatamente prevedibili soprattutto per via del lungo periodo di tempo che potrà essere intercorso tra la frode fiscale da cui nacquero le riserve detenute all’estero e il momento del loro utilizzo o movimentazione, perché è da questo momento di utilizzo o movimentazione che va computata la prescrizione. Quindi il reato di autoriciclaggio potrà verificarsi anche per fatti molto lontani nel tempo e sempre che autoriciclatore e chi commise la frode coincidano. Ad esempio, se anche un reato di evasione fiscale fosse ormai prescritto, il reinvestimento dei denari derivanti da tale illecito tributario sarà comunque punibile per autoriciclaggio, costituendo tale reimpiego un reato autonomo. Naturalmente, se il reato tributario e il reinvestimento dei relativi proventi fossero stati realizzati precedentemente all’entrata in vigore della legge 186/2014, il reato di autoriciclaggio non potrebbe essere eccepito.

Bisogna anche mettere in conto che, anche se il contribuente che presterà collaborazione volontaria non potrà essere penalmente sanzionato per i reati tributari e per quelli non tributari visti finora, i funzionari dell’Agenzia delle Entrate saranno obbligati, laddove ne ricorrano i presupposti, a segnalare eventuali notizie di reato alla Procura della Repubblica, e ciò indipendentemente dall’esito e dalle decisioni eventualmente prese dal contribuente alla fine del processo di disclosure. Quindi, nel caso in cui, per qualunque motivo, gli effetti della procedura dovessero venir meno, ad esempio per mancato pagamento di una delle rate, cadranno anche tutte le esimenti penali previste dalla legge stessa e ci si troverà nella complicata posizione di chi si sia autodenunciato. Altrettanto non semplice sarà la posizione di eventuali terzi ignari dell’avvenuto accesso alla procedura di disclosure del contribuente e coinvolti nei reati da questi messi in atto.

Si osservi anche che la procedura può essere avviata anche da chi abbia rivestito cariche di gestione o di controllo della società ora uno dei soci e tra le cause di non punibilità non rientrano i reati societari, molti dei quali vengono commessi proprio in occasione della creazione di provviste occulte, come il reato di “Infedeltà patrimoniale” previsto dall’articolo 2634 c.c. o il reato di “False comunicazioni sociali” previsto dai articoli 2621 e 2622 c.c. o comunque connessi con gli illeciti che ci si accinge a sanare, come il reato di “Appropriazione indebita” previsto dall’articolo 646 c.p. o i reati di “Falsità in atti” di cui agli articoli 476 c.p. e seguenti.

Si noti anche che ai sensi dell’art. 5-quater comma 2:

“La collaborazione volontaria non è ammessa se la richiesta è presentata dopo che l’autore della violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1, abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, per violazione di norme tributarie, relativi all’ambito oggettivo di applicazione della procedura di collaborazione volontaria indicato al comma 1 del presente articolo. La preclusione opera anche nelle ipotesi in cui la formale conoscenza delle circostanze di cui al primo periodo è stata acquisita da soggetti solidalmente obbligati in via tributaria o da soggetti concorrenti nel reato.”

Dal punto di vista fiscale per “formale conoscenza” può considerarsi sufficiente la ricezione della notifica di avvio di una verifica fiscale. Dal punto di vista penale sarà preclusa la possibilità di accesso la procedura per colui che avrà ricevuto formale notizia della presenza di un procedimento penale anche in fase di indagine, ad esempio avendo ricevuto un invito presentarsi per un interrogatorio, o in caso di perquisizioni o sequestri. Ora, il fatto che la preclusione operi anche nelle ipotesi in cui la formale conoscenza delle circostanze sia stata acquisita da soggetti solidalmente obbligati o da soggetti concorrenti nel reato può comportare casi in cui il contribuente che abbia deciso di autodenunciarsi potrebbe non beneficiare delle esimenti penali e dello sconto sulle sanzioni sol perché inconsapevole che la “formale conoscenza” dei fatti preclusivi l’accesso allo strumento sia stata già acquisita da un altro soggetto solidalmente obbligato o concorrente nel reato.

Paolo Battaglia

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