In tema di Voluntary Disclosure, la Circolare 27/E di luglio cerca di chiarire, senza riuscirci del tutto, la questione dei prelevamenti, più volte sollevata in varie sedi. Secondo l’Agenzia, “deve essere dimostrato che i prelevamenti non siano andati a costituire ulteriori e diverse attività estere non dichiarate”.

Con la Circolare 27/E l’Agenzia ritorna più volte sul punto dei prelevamenti spiegando quanto già affermato della precedente Circ. 10/E di marzo, che già chiariva che “il soggetto che aderisce alla procedura debba dettagliare, oltre agli incrementi delle attività estere, anche i decrementi delle stesse, ritenuti significativi per la comprensione dell’evoluzione delle attività estere”: I prelevamenti da conti esteri riferibili a persone che non esercitano attività di impresa di regola non sono gravati da presunzioni legali di reddito di alcun tipo. Tuttavia, i prelevamenti dai conti esteri costituiscono una variazione del patrimonio detenuto all’estero per il quale è necessario dimostrare o il rientro in Italia o la perdita del possesso.

E ancora: “Con specifico riferimento ai prelevamenti per contante, il rientro in Italia dello stesso può essere dimostrato con la c.d. dichiarazione di trasporto al seguito o spiegandone la destinazione che gli è stata data. In particolare, nella relazione illustrativa deve essere indicato se il denaro contante è stato utilizzato per costituire in tutto o in parte una nuova attività patrimoniale o finanziaria in Italia, se è stato utilizzato per l’acquisizione di beni e servizi o se ne è perso il possesso in quanto destinato ad altre persone a titolo di liberalità o donazione.”

L’Agenzia innanzitutto accenna alla “Dichiarazione di trasporto al seguito” resa ai sensi del D.Lgs. n. 195/2008 (entrato in vigore dal 1° gennaio 2009) che prevede che “Chiunque entra nel territorio nazionale o ne esce e trasporta denaro contante di importo pari o superiore a 10.000 euro deve dichiarare tale somma all’Agenzia delle Dogane.” La dichiarazione deve contenere le generalità del dichiarante, del soggetto per conto del quale il trasferimento viene effettuato e del destinatario (se diversi dal dichiarante), l’origine del denaro, l’utilizzo previsto, l’itinerario seguito e il mezzo di trasporto utilizzato.

Si può immaginare quanto sarà poco frequente il caso di contribuenti che allegheranno questo tipo di documentazione. Resta però l’impressione che andrà anche valutata l’ipotesi di ricadute di sanzioni per le violazioni in materia valutaria. In particolare, sono previste sanzioni differenziate in base all’entità dell’importo trasferito in violazione della suddetta disciplina che vanno dal 10% al 30% dell’importo trasferito (o che si tenta di trasferire) in eccedenza rispetto al limite di 10.000,00 euro, se l’eccedenza non è superiore a 10.000,00 euro e dal 30% al 50% dell’importo trasferito (o che si tenta di trasferire) in eccedenza rispetto al limite di 10.000 euro, se detta eccedenza è superiore a 10.000,00 euro.

Ancora, la circolare 27/E specifica che:

“La destinazione delle somme al consumo personale risulta talvolta complessa da dimostrare in quanto il contribuente, non essendovi tenuto, difficilmente conserva i giustificativi. Parimenti le somme destinate ai consumi personali non dimostrabili, pur non essendo quantificabili a priori, possono risultare, in una buona parte dei casi, riferibili a prelievi periodici contenuti nell’ambito del rendimento delle attività illecitamente detenute all’estero che non subiscono incrementi attraverso versamenti di contanti. Per ciò che riguarda invece i prelievi non cadenzati di importo consistente ovvero superiori alla redditività annuale delle attività presenti sul conto e che avvengono pur in presenza di cospicui versamenti per contanti, si ritiene che, nella maggior parte dei casi, l’impiego degli importi in contanti prelevati possa ricondursi alla trasformazione patrimoniale (ad esempio: per acquisto di immobili o imbarcazioni, gioielli e simili o per ristrutturazioni) ovvero a donazioni o liberalità a favore di terzi. In tali ultimi casi si tratta comunque di impieghi in qualche misura dimostrabili anche attraverso una molteplicità di elementi, anche indiretti. Il rifiuto di fornire spiegazioni in ordine ai prelevamenti di elevato importo che intaccano la consistenza patrimoniale media illecitamente detenuta all’estero, invece, potrebbe comportare l’esclusione dalla procedura per incompletezza della stessa. Infatti, la mancata dimostrazione del rientro in Italia delle somme o del loro utilizzo può essere indicativa del fatto che dette somme siano servite per costituire o acquistare un’ulteriore attività estera indebitamente non ricompresa nella procedura.”

Ora, ferma restando la puntualizzazione da parte dell’Agenzia che i prelevamenti da conti esteri riferibili a persone che non esercitano attività di impresa di regola non sono gravati da presunzioni legali di reddito di alcun tipo, resta comunque il fatto che, anche per gli altri soggetti, i prelevamenti dai conti esteri costituiscono una variazione del patrimonio detenuto all’estero per il quale è necessario dimostrare o il rientro in Italia o la perdita del possesso.

I titolari di reddito d’impresa, in particolare, potranno trovare opportuno optare per la Voluntary anche nazionale non solo per ridurre il danno per il recupero a tassazione di tutti i prelievi non documentabili, ma anche perché il contenuto della relazione in tema di prelevamenti potrebbe non rispondere al fabbisogno informativo considerato minimo dall’Amministrazione e far caducare l’intera istanza, non prima, comunque, di aver fatto completa disclosure su tutte le sostanze detenute all’estero o in Italia, anche relativamente ai soggetti collegati, con tutte le conseguenze per l’irrogazione di sanzioni piene, soprattutto se con raddoppio dei termini nei casi di paesi non white list e il venir meno delle esimenti penali.

Si tenga presente che l’effetto tendenzialmente delatorio dello strumento si dispiegherà anche in questo frangente, perché nel giustificare prelievi dai conti esteri in modo tale che non possano essere interpretati come finalizzati alla costituzione di ulteriore attività estera indebitamente non ricompresa nella procedura, si renderà spesso anche necessario dichiarare acquisti in nero di merci e servizi svelando i nomi dei relativi fornitori. E se, nel tentativo di produrre documenti giustificativi per descrivere fatti, circostanze e persone, il contribuente non riuscisse a rendere la relazione attendibile o se uno dei personaggi tirati dentro perché asseritamente coinvolti in operazioni in nero (ad esempio un fornitore) fornisse successivamente prova del suo non coinvolgimento, il contribuente non solo vedrebbe cadere l’efficacia della Disclosure, con tutte le conseguenze del caso in termini economici e penali per il venir meno delle esimenti, ma potrebbe incorrere nel nuovo reato di esibizione di atti falsi, oltre alle azioni ritenute opportune a tutela dei propri diritti dal fornitore a suo tempo segnalato.

Nella consapevolezza della difficoltà del contribuente nel produrre documenti giustificativi, l’Agenzia distingue tra prelievi cadenzati e non cadenzati e tra importi astrattamente ascrivibili a ulteriore creazione di ulteriori ammontari esteri e soglie di consumo personale, senza fornire ulteriormente parametri e criteri dirimenti.

Non è chiaro quale frequenza di prelievo sia considerata congrua, quale sia l’importo non anormale e destinate al conumo personale, anche perché il riferimento alla frequenza e al “rendimento delle attività illecitamente detenute all’estero che non subiscono incrementi attraverso versamenti di contanti”, nelle vite quotidiane dei contribuenti, può non corrispondere ad esigenze specifiche e particolari, spesso legate ad eventi privati straordinari o a difficoltà anche logistiche (si pensi ad attività non situate in Svizzera o a Montecarlo ma in Paesi più remoti) per cui la cui frequenza di prelievo non potrebbe essere valutata allo stesso modo per ogni situazione soggettiva.

Precedentemente alla pubblicazione della Circolare 27/E la Direzione Regionale della Lombardia, relativamente all’origine degli attivi oggetto di regolarizzazione, anche ai fini antiriciclaggio, affermava come non fosse ncessario documentare puntualmente l’origine degli asset da regolarizzare e che sarebbe bastato rappresentare sommariamente il “fatto generatore delle disponibilità”, precisando, ad esempio, che sono state ereditate, che sono frutto di evasione di un’azienda ora cessata, che non siano state detenute in paesi blacklist senza accordo ante 2010 (circostanza che farebbe operare il raddoppio dei termini), eccetera.

La direzione regionale della Lombardia aveva precisato anche che eventuali carenze documentali tra gli allegati alla relazione illustrativa presentata dall’aderente avrebbero potuto essere integrate anche successivamente. Per tutti quei casi di carenze non imputabili al contribuente, per evitare di caducare gli effetti della disclosure e di incappare nel reato di esibizione di atti falsi e/o di documentazione non veritiera, dovendo sempre il contribuente compiere il massimo sforzo verso la completezza della veridicità di ciò che dichiara e produce.
Quindi, ad esempio, in caso di errore materiale nella determinazione dell’imponibile da sanare o dimenticando in buona fede un documento da allegare, l’agenzia lo potrebbe invitare al contraddittorio, anche informalmente, in modo da non far perdere i benefici massimi di riduzione delle sanzioni, e potrebbe chiedere di integrare. Ad esempio, “dimenticare il box ma dichiarare tutti gli altri 100 appartamenti, potrà essere ragionevolmente accettato quale errore in buona fede”.

Ma alla luce del fatto che la Circolare 27/E ha fornito relativamente a più di un punto risposte e indicazioni diverse da quelle delle varie DRE, le indicazioni fin qui fornite dalle DRE vanno prese con le pinze. In ogni caso, pur dando per scontato che non si vorrà abusare con le presunzioni sui prelevamenti da parte dell’Amministrazione, in ogni caso l’Agenzia delle Entrate, laddove lo riterrà opportuno, potrà richiedere approfondimenti anche al di fuori della procedura.

Inoltre, la presenza di prelevamenti ritenuti “anomali” potrebbe dar luogo ad ulteriori indagini per reati non coperti dalle esimenti previste dalla procedura, come concussione o corruzione.
Anche su questo punto la Circolare 27/E non ha fatto chiarezza, non avendo indicazioni chiare sul concetto di “anomalia”.

Paolo Battaglia

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