Ripubblichiamo un ampio post in più puntate sull’accesso al credito per la PMI. Ecco la prima parte:

Si sa che non è sempre semplice attingere a prestiti da parte delle banche. E’ anche vero che spesso ci si presenta in banca non preparati, o esponendo la propria richiesta nei modi peggiori, creando le condizioni migliori per ricevere un DINIEGO alla richiesta di prestito :-).

Al di là di quanto importante possa essere la solidità patrimoniale del richiedente o il suo essere positivamente “conosciuto” (aspetto, quest’ultimo, tenuto molto in considerazione soprattutto dagli istituti di respiro locale), le banche valutano la possibilità di concedere credito all’impresa secondo criteri che è opportuno conoscere.

Innanzitutto la banca ha bisogno di comprendere la capacità competitiva dell’impresa attraverso informazioni sulla situazione attuale e le previsioni di sviluppo del mercato in cui opera, sui prodotti/servizi realizzati e/o commercializzati e sul suo posizionamento nel mercato, tenuto conto delle caratteristiche del settore e della dinamica della concorrenza.

Con la collaborazione del cliente, la banca cerca innanzitutto di conoscere la natura giuridica dell’impresa e la struttura proprietaria, il settore di attività, i prodotti o servizi offerti, i principali concorrenti, i canali di vendita, la fase di sviluppo dell’impresa, l’esperienza nel settore dei proprietari e dei responsabili.

La banca ha poi bisogno di individuare la natura e l’origine dei fabbisogni finanziari dell’impresa, cioè il “perché” l’impresa si sta accingendo a chiedere il prestito, e ciò per studiare ed erogare finanziamenti, anche “su misura”.

Ad esempio:

  1. il finanziamento del capitale circolante commerciale che trova origine nella differente tempistica che caratterizza gli incassi e i pagamenti connessi alle operazioni di gestione corrente (acquisto – trasformazione – vendita);
  2. il finanziamento di investimenti destinati ad accrescere o a modificare la capacità produttiva dell’impresa e/o di investimenti sostitutivi di impianti o macchinari obsoleti;
  3. la sostituzione di finanziamenti in essere con altri più congeniali alla struttura patrimoniale e alla dinamica finanziaria dell’impresa (ad esempio, finanziamenti a breve con finanziamenti a medio/lungo termine in coerenza con la durata degli attivi).

La valutazione della banca prosegue con l’analisi della capacità di rimborso da parte dell’impresa. Si cerca di accertare, in primo luogo, se esistono le condizioni economico-finanziarie per il successo dell’iniziativa. Di conseguenza si verifica se l’impresa è in grado di rimborsare il capitale prestato.

Questa analisi da parte della banca segue diversi approcci, a seconda del tipo d’impresa, dell’importo richiesto, del tipo di iniziativa che si intende realizzare con il prestito. Ad esempio, per i finanziamenti a breve termine legati all’operatività corrente, quali l’anticipo o lo sconto di crediti, volti a coprire il fabbisogno finanziario del circolante commerciale, la banca si basa sulla valutazione della capacità dell’impresa di produrre flussi di cassa nel breve termine e dell’equilibrio della sua situazione finanziaria e patrimoniale.

Per i finanziamenti a medio/lungo termine la banca valuta la capacità prospettica dell’impresa di rimborsare negli anni futuri il prestito, facendo prevalere lo studio e l’interpretazione dei flussi economici, e dunque di cassa e monetari che l’impresa sarà in grado di generare negli anni futuri. 

Anche il capitale di rischio o capitale proprio rappresenta per la banca un importante indicatore della fiducia che l’imprenditore o i soci ripongono nell’iniziativa e, quindi, della misura del rischio che gli stessi assumono a proprio carico.
E l’ammontare del capitale di rischio influenza direttamente l’entità del capitale di debito, nel senso che ad importi crescenti di capitale proprio possono associarsi importi maggiori di capitale di debito, in massima parte costituito da finanziamenti bancari.

E’ evidente che l’importo dell’apporto di capitale proprio influenza l’equilibrio complessivo della situazione patrimoniale dell’impresa. Non esiste un livello di capitale investito definibile a priori per la generalità delle imprese, perché tale valore varia in funzione delle caratteristiche sia del settore che della specifica impresa, dando luogo, a seconda dei casi, ad una capacità di indebitamento e quindi ad un contributo da parte dell’imprenditore o dei soci differente.

La banca, per mitigare il proprio rischio di esposizione con il singolo cliente, chiede quasi sempre garanzie. Attraverso l’apporto di congrue garanzie (approfondiremo il concetto di “congruità” in un altro post) un’impresa può accedere a finanziamenti anche in presenza di scarsi livelli di capitalizzazione o con una breve storia di presenza nel mercato, ed anche se, a seguito delle valutazioni effettuate, permangano elementi di incertezza circa il suo merito di credito.
In definitiva, le garanzie pongono una parte del rischio di esposizione della banca a carico del patrimonio aziendale o di altri (che siano soci o terzi interessati), pur non modificando il profilo di rischio economico-finanziario dell’iniziativa finanziata.

Un altro importante elemento preso in considerazione è l’insieme delle relazioni tra la banca stessa e l’impresa. La banca che conosce il richiedente per via di rapporti avuti in passato (il c.d. “andamentale”) è in possesso di indicazioni sulla sua solvibilità, capacità e volontà di fare fronte ai propri impegni nei confronti del sistema bancario. E lo stesso vale per le informazioni sulle relazioni tra l’impresa ed il sistema bancario nel suo complesso raccolte dalla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia o da credit bureau esterni. 

Infine, sempre più spesso ormai anche in Italia, il documento che sempre più banche chiedono a supporto (o che è opportuno allegare a supporto) di una richiesta di finanziamento è il Business Plan, un documento programmatico con il quale un’impresa analizza le proprie strategie ed esigenze finanziarie, anche per esporle a terzi interessati. 

(continua…)

Paolo Battaglia
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