Mediamente in Italia ogni famiglia è indebitata per più di 24 mila euro, una cifra esorbitante che rende sempre più concreto in Italia il rischio di un cedimento del sistema economico, sia familiare che globale.

Ad affermarlo è Carlo Pileri, Presidente dell’Adoc, nel commentare i dati forniti da Bankitalia, secondo cui i consumi privati sono attesi in crescita dell’1,9%, lo 0,4% in più rispetto allo scorso anno, anche a seguito del massiccio ricorso delle famiglie al credito al consumo.

La gravosità della situazione, sottolinea l’Adoc, impone una riflessione e l’apertura di un confronto tra i soggetti interessati: Governo, associazioni dei consumatori e banche. L’Associazione, nel raccogliere l’invito del Presidente di ABI Faissola, promuove quindi l’apertura di un tavolo di lavoro tra banche e Governo al fine di scongiurare una possibile crisi economica delle famiglie e dell’intero Paese.

Secondo un altro recente studio della Banca d’Italia sull’economia in Sicilia (presentato in conferenza stampa a Palermo il 6 giugno 2007), sono apparsi evidenti il costante aumento dell’indebitamento da parte delle famiglie, l’inconsueto incremento dei prestiti in sofferenza registrati da banche e società finanziarie, la riduzione degli investimenti da parte delle imprese e la crescente difficoltà del comparto edile.

A preoccupare oltre alla crisi dell’agricoltura (evidente da tempo per i noti motivi, soprattutto commerciali), sono le difficoltà che hanno cominciato ad apparire nel comparto delle costruzioni. Il mercato immobiliare, dopo anni di frenetica corsa, pare abbia invertito la rotta. Complici da un lato i prezzi troppo alti delle case e dall’altro i tassi di interesse in costante aumento, nel secondo semestre del 2006 gli affari sono decisamente diminuiti. Nel 2006, in Sicilia, il tasso di incremento dei prezzi delle abitazioni è calato per la prima volta dopo anni di costante crescita.

Sul fronte bancario, l’indagine rileva un considerevole incremento dei prestiti sia alle imprese, soprattutto finanziamenti a breve termine per le gestioni di cassa e magazzino, sia per le famiglie, in particolare mutui per l’acquisto della prima casa con un sensibile aumenti di quelli contratti a tasso fisso per via del rialzo dei tassi da parte della Banca centrale europea.

Anche escludendo i mutui, nel 2006 il credito al consumo è aumentato del 21,9%. Rispetto al passato sembra anche riprendere quota il fenomeno dei prestiti in sofferenza, 535 milioni di euro circa (31,6%) lo scorso anno, con un sensibile aumento dell’attività di recupero da parte delle società terze, alle quali il sistema bancario cede la gestione delle pratiche.

Tutto questo è anche quanto risulta da un’indagine del Servizio Studi BNL. In Italia nel 2006, si è assistito, ad un aumento del ricorso all’istituto del credito al consumo da parte delle famiglie, cresciuto di circa 13 miliardi di euro, presso banche e società finanziarie, portando la spesa delle famiglie ben oltre il reddito disponibile.

L’aumento esponenziale del ricorso al credito al consumo evidenzia il grave disagio ed impoverimento delle famiglie, martellate, tra l’altro, da campagne pubblicitarie di ogni tipo. Le famiglie, molto probabilmente, si troveranno in futuro a non avere sufficienti soldi per poter ripianare i propri debiti, provocando in questo modo situazioni di incertezza e di disagio all’interno del nucleo familiare e dell’economia in generale.

Questo è un dato preoccupante anche per via del fatto che la gran parte delle aziende italiane sono micro e piccole imprese, la più parte ditte individuali, spesso a conduzione familiare, spesso in contabilità semplificata (che, quindi, non computa i movimenti finanziari ma solo quelli economici), con gestione finanziaria spesso approssimativa, amministrate senza alcuna consapevole gestione finanziaria, né aziendale né familiare, con i conti familiari e aziendali gestiti in un unico conto corrente, senza l’attribuzione di alcuna forma di stipendio figurativo, attingendo senza controllo dalla cassa, soprattutto nelle imprese familiari o nelle società tra familiari, trasformando la famiglia in un agente occulto di depauperamento patrimoniale.

In questo scenario, in tutta Italia, ma soprattutto nel mezzogiorno, sempre più famiglie non riuscendo a far fronte alle spese quotidiane, a evadere rate e mutui mensili, ad arrivare alla fatidica quarta settimana del mese, laddove non trovino risposte nel mercato del credito legale ed autorizzato (il sistema bancario), entrano nella stretta mortale dell’usura. Gli usurai sono spesso persone vicine e ben conosciute, all’inizio percepite come amici o benefattori. In questo processo la persona indebitata tende a considerare la banca come un nemico. Quando ci si accorge della forza distruttiva che hanno nelle loro mani gli usurai sembra sempre che sia troppo tardi (e così, fortunatamente, non è).

Quello che forse pochi sanno sono le motivazioni per le quali molti cadono nelle mani degli strozzini. Tra le altre cose, per artigiani e commercianti sono le scadenze fiscali a spingere molti operatori nella morsa degli usurai. Per i disoccupati o i lavoratori dipendenti, invece, sono i problemi finanziari che emergono dopo brevi malattie o infortuni.

Le Micro e Piccole Imprese, nella gran parte dei casi, stante il fatto che non pianificano a medio termine scenari di crisi di filiera o di comparto, si trovano in difficoltà finanziarie quando da tempo già i primi segnali dal fronte commerciale avrebbero dovuto metterle in allarme. E spesso il nostro micro e piccolo imprenditore non riesce a diversificare la produzione e a ricollocarsi strategicamente su altri segmenti, reagendo alle difficoltà commerciali con l’indebitamento a breve, anche laddove la crisi del settore appare strutturale o, comunque di durata non sostenibile finanziariamente. Ciò che sarebbe importante e vitale nel medio termine viene sostituito (e non affiancato) da ciò che è urgente nel brevissimo (il problema meramente finanziario).

Le nostre imprese sono sottocapitalizzate e sono dotate di struttura finanziaria generalmente debole, orientata soprattutto all’indebitamento bancario e, in particolare, a quello di breve periodo. I nostri imprenditori sono spesso più bravi che ricchi e preferiscono non condividere la gestione dell’impresa scegliendo, quindi, la leva del debito al posto di quella del capitale, complice l’atavica avversione all’associazionismo e al consorziarsi, dettata da motivi culturali e da scarsa informazione.

Anche il tradizionale indirizzamento del risparmio familiare nel mattone e non nella propria impresa, non aiuta un processo di patrimonializzazione aziendale generalizzato, utile soprattutto in un’ottica Basilea 2. La nuova normativa introdotta da Basilea 2, come è noto, induce la banche a valutare in modo dettagliato il rischio di ciascuna posizione di prestito, cioè ad analizzare in modo più approfondito, ricorrendo a sistemi di rating, la futura capacità del cliente di rimborsare il debito attraverso l’analisi dei fattori relativi alle condizioni economico-finanziarie, attuali e prospettiche, dell’impresa affidata, nonché alla qualità del management e alle prospettive di sviluppo del settore produttivo.

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