Pare che presto il segreto bancario in Svizzera sarà solo un ricordo. Il segreto bancario, ma non anche l’anonimato, come vedremo oltre.


Il percorso è già avviato, i clienti delle banche oltr’Alpe stanno ricevendo comunicazioni da parte delle banche elvetiche che li informano della fine dell’anonimato. Tutto segue anni di pressione da parte della gran parte dei Paesi dell’Ocse, dell’Unione Europea e dell’Onu, compresa l’Italia, perché anche la Svizzera si adegui alle normative internazionali finalizzate alla lotta contro il riciclaggio, terrorismo ed evasione fiscale.


Già dal 1° novembre scorso è in vigore la convenzione sullo scambio automatico delle informazioni tra autorità fiscali dello scorso 18 ottobre e pone termini relativamente stretti per dar luogo in Svizzera, alla sua ratifica del Parlamento e ad un probabile referendum.


Per quanto riguarda l’atteggiamento del GAFI (Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale), se la Svizzera e gli altri Paesi su cui si stanno esercitando pressioni (come Singapore) non si adeguerà entro il 2014 agli accordi di scambio automatico delle informazioni fiscali riconoscendo il reato fiscale come presupposto del riciclaggio, verrà iscritta tra i Paesi Black List. Il che, per un Paese come la Svizzera, che non vive solo di finanza, sarebbe un gravissimo danno economico.


Quindi, le comunicazioni che le banche svizzere stanno inviando ai propri clienti sono il preludio all’entrata in vigore della nuova legge, anche perché i funzionari bancari che non si saranno adeguati per tempo alle nuove normative, la cui entrata in vigore è prevista tra il 2014 e il 2016, rischiano l’incriminazione per riciclaggio nel caso gestiscano conti anonimi che sfuggono al prelievo fiscale.
Un po’ tutti i Paesi stanno lavorando ad accordi bilaterali e stanno studiano al proprio interno forme di c.d. “Voluntary Disclosure”, cioé di dichiarazioni spontanee da parte dei contribuenti, con alleggerimento delle sanzioni e delle eventuali conseguenze penali.


Negli ultimi anni la Gran Bretagna ha stretto un accordo con la Svizzera (accordo di Rubik) in base al quale i titolari britannici di conti presso banche elvetiche possono a pagare una sanzione una tantum per sanare la situazione pregressa ed essere sottoposti ad una tassazione annua, pur mantenendo l’anonimato, ma pare che i risultati non sono stati tra i più felici, anche perché il numero di contribuenti coinvolti sono soggetti a limiti numerici ben precisi. La Germania ha bocciato questa strada e anche l’Italia sembra orientata verso una strada che preveda la perdita dell’anonimato, il rientro dei capitali pagando interamente le imposte arretrate e dimezzando le sanzioni fiscali (la mancata presentazione del Quadro RW), oltre che depenalizzando il reato.


Più precisamente, il contribuente italiano che abbia esportato irregolarmente i capitali in Svizzera, se vorrà mantenere il denaro in Svizzera senza dichiararli, rinuncerà comunque al segreto bancario e autorizzerà le autorità svizzere a fornire informazioni alle autorità fiscali italiane.
Entro dicembre si attende la circolare dell’Agenzia delle Entrate con cui si regolerà la finestra permanente attraverso cui far rientrare i capitali esteri non dichiarati.


Ovviamente, questo non significherà che tutti i 180 miliardi (tale è la stima) detenuti dai cittadini italiani in Svizzera rientreranno in patria perché la gran parte dei denari detenuti oltr’Alpe da cittadini italiani non sono detenuti da persone fisiche ma da società anonime residenti in uno dei tanti paradisi fiscali e intestate a un fiduciario che fa da schermo.

Si tratterebbe, quindi, solo di una caduta del segreto bancario ma non dell’anonimato.

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